L’Ottocento fatto immagine. Dalla fotografia al cinema, origini della comunicazione di massa

Sellerio editore, Palermo 2007

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La rivincita di Marsia. Potrebbe essere riassunta così – con una rilettura del mito presa in prestito da un erudito americano del XIX secolo, Oliver Wendell Holmes, medico e insegnante di fisiologia e anatomia a Harvard – l’interpretazione che in questo volume il sociologo Giovanni Fiorentino dà della storia della fotografia nell’Ottocento. Il sileno scorticato per aver osato sfidare il dio Apollo viene ridotto a carcassa e pelle; ma quella pellicolare, secondo un Holmes che anticipa Walter Benjamin, deve essere riconosciuta come una nuova modalità di esistenza, che si consuma in superficie: nelle forme di cultura e di comunicazione proprie della moderna civiltà industriale essa è la modalità d’esistenza che risulta determinante. Muovendo da questa intuizione fondamentale (coeva alle invettive di Baudelaire contro un mezzo automatico e seriale), Fiorentino ripercorre concezioni e usi ottocenteschi della fotografia nella forma di un’originale ancorché selettiva «genealogia degli spazi in cui si inscrive il mondo fatto immagine» (p. 15). Tra questi spazi, l’autore si sofferma in particolare sulle esposizioni, luoghi per eccellenza della mostra e del consumo e soggetti, a loro volta, di milioni di immagini prodotte e commercializzate su scala globale; sui salotti borghesi, dove imperversa negli anni Cinquanta la moda dello stereoscopio; sulle vedute di città (il caso analizzato è quello di Napoli) oppure di spazi naturali conquistati dalla “civiltà” e dalla tecnica (la frontiera americana), capaci di fondare duraturi stereotipi identitati; sugli album di età vittoriana, in particolare quelli appartenuti a personaggi come la stessa regina Vittoria e Sissi: due collezioni simmetriche, che non solo riflettono, su scala privata, le relazioni diplomatiche dei rispettivi imperi, ma che permettono anche di cogliere il regime del nascente star system, dal momento che vi si trovano organizzati in un unico palinsesto – come sulle bancarelle dei fotografi o sulle riviste illustrate – i ritratti dei governanti e quelli delle più note celebrità dello spettacolo. Attraverso la genealogia di simili spazi e pratiche di consumo, Fiorentino – che chiude significativamente il volume con la nascita del cinema – ripercorre le trasformazioni dello sguardo e delle sue funzioni nel XIX secolo come una vera e propria archeologia delle comunicazioni di massa e della cultura visuale del Novecento, le cui origini a suo giudizio sono già iscritte nelle caratteristiche di un medium come la fotografia, che rende possibile la «miniaturizzazione del mondo» (p. 158) e che «decontestualizza e riposiziona, taglia e ricompone, isola e sposta in un nuovo spazio d’uso» (ibidem). Simili processi, condotti su scala industriale, contribuiscono ad alterare le tradizionali categorie di spazio e tempo, la percezione della realtà, i criteri di organizzazione e validazione delle esperienze e gli stessi confini dell’io, come Fiorentino dimostra soprattutto attraverso l’analisi di testi letterari (Poe, Maupassant, Carroll ecc.) e in un case study specifico (quello dell’imperatrice Sissi e del suo tormentato rapporto con la propria immagine, tra strumento di consenso politico, consumo creativo e patologia).

Alessio Petrizzo

Posted on February 2, 2013 and filed under Letture.